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Il 2010 è stato dichiarato dall'ONU l'anno
internazionale della biodiversità. Dieci anni fa i paesi di tutto il
mondo, con il Countdown 2010, si erano impegnati a ridurre la perdita di
biodiversità; oggi il 2010 è il punto di partenza per promuovere il
raggiungimento di obiettivi più concreti. Durante i prossimi dodici
mesi il WWF sarà impegnato con iniziative speciali, progetti sul campo e
interventi istituzionali al fine di chiedere una strategia nazionale per
difendere meglio la biodiversità nel mondo e in Italia. Il nostro è il
paese Europeo più ricco di biodiversità ma molta della ricchezza si sta
perdendo: attualmente sono a rischio di estinzione il 68% dei vertebrati
terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli
anfibi e addirittura l’88% dei pesci d’acqua dolce.
Il Comunicato stampa del WWF Italia:
Nel giorno del lancio ONU del
2010 Anno internazionale della biodiversità WWF:“DIFENDERE IL PATRIMONIO
NATURALE CON UNA STRATEGIA NAZIONALE PER LA BIODIVERSITA’ TRA 167 PAESI
CHE L’HANNO ADOTTATA MANCA L’ITALIA” LETTERA ALLE ISTITUZIONI: “5
PILASTRI DA COSTRUIRE ENTRO IL 2010” Il WWF ricorda che ogni 3-4 anni
si perde una porzione di foresta pluviale equivalente alla Francia.
Siamo
ben lontani dal conoscere tutte le piante, gli animali e i microrganismi
che popolano la Terra. Esse sono sicuramente più di quelle attualmente
note alla scienza. Occorre quindi occuparsi urgentemente e fattivamente
della conservazione di specie che rischiano di scomparire per sempre a
causa dell'uomo, ancor prima di essere scoperti dalla scienza.
In base alla Check List italiana, la nostra Penisola
ospita ben 57.468 specie animali, di cui solo 1.255 sono vertebrati.
Infatti il 97,8% della ricchezza faunistica del nostro Paese è composta
da invertebrati. Tra tutte queste specie ben 4.777 (8,6%) si possono
considerare endemiche, ovvero esclusive dell’Italia. Si pensa però che
in realtà gli endemismi siano oltre il 10% e questo a causa di specie
ancora da scoprire (per lo più invertebrati) e per l’applicazione di
moderne tecniche di ricerca che possono distinguere quelle che fino ad
oggi erano considerate un’unica specie.
A livello di flora, nel nostro Paese si contano circa
12.000 specie. Tra le oltre 5.600 specie di piante vascolari si
annoverano circa il 13% di specie endemiche (732), un dato certamente
elevato e forse ancora più esteso se si includono molte sottospecie
endemiche.
A questa componente va aggiunta poi la enorme diversità
dei Funghi, stimati teoricamente in 300.000 specie; attualmente le
specie note appartenenti alla classe Basiodiomiceti sono quasi 4.000.
La conformazione dell'Italia, stretta e circondata dal
mare, con più di 8.000 chilometri di coste e con circa il 60% del
territorio costituito da montagne, conferisce alla fauna e alla flora le
caratteristiche proprie dei popolamenti insulari, ovvero la riduzione
del numero delle specie e la presenza di specie endemiche. A questa
riduzione della biodiversità per effetto dell'isolamento della massa
continentale si contrappongono due fenomeni di segno contrario: da un
lato la comparsa di forme endemiche, cioè esclusive di una
circostanziata area, favorite dalle condizioni di isolamento geografico,
dall'altro la sopravvivenza di specie relitte che sono andate perse nel
resto dell'Europa.
Il ruolo dell'uomo nel determinare la composizione della
flora e della fauna non è stato trascurabile, soprattutto negli ultimi
venti secoli. All'uomo si devono sostanziali trasformazioni
dell'ambiente, come la sensibile riduzione della copertura boschiva e
degli ambienti palustri e il notevole incremento delle steppe antropiche
(colture e pascoli). La flora è cambiata radicalmente ed è divenuta in
sostanza più monotona. Anche la fauna si è progressivamente modificata
per la contrazione, fino alla scomparsa o all'estrema rarefazione, di
alcune specie forestali (Orso, Lupo, Uro, cervidi, Lince) e per
l'espansione delle specie tipiche delle steppe (alcuni uccelli e
soprattutto il bestiame domestico).
Attualmente sono a rischio estinzione: il 68% dei
vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76%
degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l’88% dei pesci d’acqua
dolce. La situazione non va meglio per la flora vascolare(15%) e le
piante inferiori (40%) ovvero alghe, funghi,licheni, muschi e felci.
Dalla metà del secolo scorso la biodiversità in Italia ha subito una
fortissima riduzione, in particolare a causa del consumo del suolo.
Negli ultimi 50 anni sono stati intensamente colpiti alcuni importanti
ambienti quali zone umide e boschi di pianura, ma anche altri sono stati
compromessi da fenomeni di frammentazione che ne hanno deteriorato la
qualità
L'uomo, inoltre, ha - volontariamente o involontariamente
– provocato l'introduzione in ambienti naturali di nuove specie
“alloctone”. Alcuni degli animali più noti non avrebbero mai abitato i
nostri boschi o i nostri fiumi se l'uomo non li avesse introdotti, per
fini commerciali, o alimentari, o... soltanto per errore. La Nutria, ad
esempio, è un roditore originario del Sudamerica, che si osserva ormai
di frequente nei nostri specchi d’acqua e canali.
La Testuggine d'acqua americana è un rettile delle paludi
sud orientali degli Stati Uniti, importato da tempo in Italia
esclusivamente per fini commerciali e che, rilasciato in ambienti
naturali, comporta seri problemi di carattere ecologico e di
competizione con le testuggini d'acqua autoctone. Il Ghiro e il Cervo
ben difficilmente avrebbero potuto raggiungere la Sardegna se Fenici e
Romani non ne avessero trasportato alcuni esemplari, nel corso dei loro
traffici commerciali da una sponda all'altra del Mediterraneo. Ma il
dato sicuramente più impressionante è rappresentato dai pesci: si stima
che oltre il 46% dell'ittiofauna italiana sia ormai costituita da specie
di provenienza esterna (specie alloctone immesse per fini commerciali,
ludici e accidentali).
LE SPECIE ‘SIMBOLO’ della nostra
fauna, un patrimonio che in alcuni casi negli ultimi decenni è riuscito
a risollevarsi e quelle per le quali oggi più che mai serve un impegno
concreto per salvarle dall’estinzione
Le specie che richiedono interventi urgenti con puntuali
strategie di conservazione
Orso bruno
Piccole e ridotte
popolazioni che vedono ogni giorno di più contrarsi il loro habitat, i
loro boschi , frammentati da strade, minacciati da nuovi insediamenti
sciistici e abitativi, tagliati per fare spazio a nuovi terreni
agricoli. Inoltre tra le minacce da registrarsi gli ultimi esemplari
presenti sono messi a serio rischio anche da una cattiva gestione della
caccia e vittime di sconsiderati atti di bracconaggio (30-35 individui
sulle Alpi, meno di 55 sugli Appennini)
Lontra
Oggi più di prima tra le
principali minacce alla sopravvivenza della lontra, il più raro
mammifero dei nostri corsi d’acqua, vi è il rischio di investimenti da
parte di autoveicoli. Già fortemente minacciata dalle modifiche degli
habitat fluviali e dalle infrastrutture viarie che hanno negli ultimi
anni frammentato i loro ambienti fino a rappresentare delle barriere,
spesso insormontabili. Negli ultimi anni, ricerche sul campo hanno
evidenziato la presenza di nuclei in precedenza non noti nella parte più
meridionale del suo areale che è rappresentato dai bacini idrici del
Molise, della Basilicata, Campania e Calabria ma purtroppo si è anche
assistito all’estinzione della popolazione dell’Italia centrale.
(220-260 individui stimati e distribuiti lungo i fiumi del centro sud)
Aquila del Bonelli
Ne rimangono poche
coppie oramai concentrate in Sicilia, sempre più minacciate dalla
trasformazione degli habitat più idonei in particolare dall’agricoltura
intensiva e dalle infrastrutture. Altri fattori di minaccia sono
riconducibili dal bracconaggio e prelievo di pulli dai rari nidi e dalla
caccia che rappresenta un elemento limitante della sua preda principale:
quei conigli un tempo molto abbondanti in Sicilia. (12-15 coppie)
Capovaccaio
Le aride steppe
mediterranee sono oramai scomparse quasi del tutto e con loro si sta
rarefacendo sempre di più il piccolo avvoltoio degli egizi, sfrattato
dai suoi territori e con sempre meno terreni liberi dove ricercare le
sue prede. Inoltre una politica irresponsabile ha negli ultimi anni
permesso la nascita di centrali eoliche o di linee aeree vicino agli
ambienti rupicoli frequentati minacciando seriamente gli ultimi
esemplari nidificanti. (nel 2005 sono state stimate 10 coppie)
Lanario
L’Italia mantiene la più
importante popolazione a livello europeo di questa specie e pertanto ha
anche la maggiore responsabilità nel tutelarlo e garantirne la
conservazione per le generazioni future. Distribuito dalla Toscana ed
Emilia meridionale fino alla Sicilia mantiene però una popolazione di
poche centinaia di coppie che non ne garantisce la stabilizzazione in
alcuni territori dove la popolazione sembra soffrire di preoccupanti
fluttuazioni negli anni. La specie sembra essere legata ad ambienti con
caratteristiche estremamente mediterranee , con vaste arre aperte
adibite a pascolo, aree incolte e a steppa dove spiccano forre e pareti
calcaree, tufacee o di arenaria idonee alla sua nidificazione. Ancora
oggi la principale minaccia per questa specie è rappresentata dal
bracconaggio e dall’illegale prelievo di uova e pulli nei nidi, fenomeno
che negli ultimi anni sembra essere nuovamente in aumento.
Pernice bianca
Forse una delle più
importanti rappresentanti delle specie minacciate dai cambiamenti
climatici, vittima di un ambiente che troppo velocemente si va
modificando. La popolazione già fortemente ridotta è soggetta ancora
oggi ad una caccia non sostenibile che non sembra valutare la crisi che
la specie sta affrontando. (5.000-9.000 coppie)
Gallina prataiola
Non
una gallina ma un parente stretto della nobile gru. Legata agli ambienti
steppici e agricoli è minacciata dalla trasformazione di questi
ecosistemi determinati dall’abbandono delle pratiche agricole e
zootecniche tradizionali. Presente in Sardegna e forse con alcuni
individui in Puglia (circa 1500-2000 esemplari)
Anatre mediterranee
Quattro sono le specie
di anatre, sempre più rare, che frequentano gli ambienti umidi del
Mediterraneo: Moretta tabaccata, Anatra marmorizzata, Gobbo rugginoso e
Fistione turco. La trasformazione degli ambienti umidi dovuti alle
bonifiche e al consumo del suolo hanno ridotto gli habitat umidi che le
ospitavano e la caccia intensiva e insostenibile ne hanno decretato la
quasi totale estinzione in tutto il bacino del Mediterraneo. (Moretta
tabaccata: 10-30 coppie; Anatra marmorizzata:circa 10 coppie; Fistione
turco:30-35 coppie; Gobbo rugginoso: alcuni individui reintrodotti)
Pelobate fosco
Vittima illustre della
progressiva scomparsa di ambienti umidi residuali e dalla bonifica
agricola e dal consumo del suolo che ha interessato tutta la nostra
pianura padana. Oggi le poche popolazioni rimaste sono al limite con
piccole popolazioni soggette ad impoverimento del proprio patrimonio
genetico. (meno di dieci siti oggi conosciuti)
Testuggine comune
Un tempo presente in
buona parte della penisola italiana nelle località xeriche delle aree a
clima mediterraneo, in una fascia altimetrica compresa tra la costa ed i
900/1000 metri. Fatta oggetto di un commercio smodato tra gli anni 70 e
i giorni nostri oggi la specie è sempre più rara e localizzata, vittima
anche di una scarsa attenzione che porta a definire con difficoltà quale
sia oggi il suo areale e dove sia ancora presente e relativamente
abbondante. La principale minaccia è rappresentata dall’alterazione del
suo habitat, dalla sconsiderata distruzione degli ambienti mediterranei
costieri e dunali e dal prelievo che seppure illegale continua ad essere
praticato quasi ovunque spesso solo per essere utilizzati come animali
da compagnia in giardini e case.
Pesci delle acque
interne
Nei fiumi e nei laghi
italiani vivono ben 48 specie di pesci, le principali minacce sono
legate all’artificializzazione dei corsi d’acqua che vengono spesso
ridotti a dei “tubi di cemento”, alle captazioni sempre più massicce di
ogni corso d’acqua e all’immissione di specie estranee che finiscono per
sostituire le nostre specie. Tra le specie più minacciate il Carpione
del Fibreno, il Carpione del Garda, lo Storione cobice e la Trota
macrostigma.
Tartarughe marine
Ormai in Italia
depongono le loro uova in pochissimi luoghi costieri e il numero dei
nidi è esiguo. Questo a causa dell'estesa antropizzazione delle coste e
del conseguente disturbo alle femmine che vogliono deporre, alla
distruzione dei nidi e hai piccoli appena nati, fino ad arrivare a
situazioni di estremo degrado dell'habitat in cui la spiaggia stessa è
scomparsa. La popolazione mediterranea è ancora relativamente
abbondante, e i mari Italiani sono particolarmente importanti, ma le
catture accidentali in attrezzi da pesca ne minacciano seriamente la
sopravvivenza sul lungo termine.
Delfino comune
La sub-popolazione di
Delfino comune è stata classificata come “Endangered” dall’IUCN nel
2003. La sua rarefazione numerica nel bacino, a discapito del nome,
dipende primariamente da perdita o degrado del suo habitat, e da minacce
determinate da pesca e inquinamento. Si tratta di una specie costiera,
le cui por ematiche sono legate anche alla carenza di prede (soprattutto
pesci), in un contesto dove la pesca agisce in maniera eccessiva, sovra
sfruttando gli stock ittici. Pur essendo presente in tutto il
Mediterraneo, si trova in aree localizzate, come nel Mare Egeo e
attorno alle Isole Pontine. Nel Adriatico, un tempo presente, e’ ora del
tutto scomparso.
Tonno rosso
Il tonno rosso è una
specie altamente migratoria, che dall’atlantico entra in mediterraneo
per riprodursi. In Mediterraneo, ogni anno si aggregano grossi banchi di
individui che raggiunta la maturità sessuale rilasciano i loro gameti in
mare aperto dove avviene la fecondazione. Durante questa fase gregaria
sono oggetto di pesca intensiva da parte delle flotte mediterranee, il
cui ricavato per il 90% va ad arricchire il mercato del pesce
giapponese. E’ gestito, in maniera del tutto inefficiente, dall’ICCAT,
l’ente internazionale per la conservazione dei tonni dell’atlantico e
del mediterraneo. Il suo stock e’ prossimo al collasso se non ci si
adopererà per impedirne al più presto la pesca eccessiva. Nell’ultimo
anno si e’ almeno riusciti ad impedire la pesca illegale. Il principato
di Monaco ha proposto di includere la specie nell’appendice 1 della
Convenzione CITES, al fine di regolarne il commercio internazionale. La
sua inclusione verrà decisa a Doha, in marzo 2010.
Chirotteri
Il basso numero di
ricerche porta spesso a tenere in poco conto questo importante e
minacciato gruppo di mammiferi. Eppure quasi metà delle specie di
mammiferi italiani sono pipistrelli, alcuni anche molto rari. Tra le
specie minacciate abbiano il gruppo dei cosiddetti “Ferri di cavallo” (Rinolofidi)
che frequenta grotte, cavità artificiali e vecchie case abbandonate, i
Vespertili, ben 10 specie, che utilizzano anche’essi rifugi ipogei, ma
anche cavità negli alberi e vecchi edifici, mentre le tre specie di
Nottole sono legate quasi esclusivamente ad ambienti forestali. Le
minacce per tutti sono rappresentate dal disturbo delle grotte, la
cattiva gestione forestale che elimina gli alberi maturi e l’uso di
sostanze tossiche in agricoltura.
Le specie che stanno
recuperando ma su cui non di deve abbassare l’attenzione
Camoscio appenninico
Il camoscio appenninico
è un simbolo della sfida promossa negli ultimi trenta anni per salvare
una specie dall’estinzione. Localizzato fino alla metà degli anni 80 con
una unica con una popolazione nel cuore del PNALM è stato oggetto dei
primi importanti progetti promossi dal WWF di traslocazione di esemplari
in quegli altri contesti appenninici dove un tempo era senza dubbio
presente dalla Majella al Gran Sasso. Oggi la popolazione è stimabile in
700/800 esemplari che fanno ben sperare per una definitiva scongiura
della minaccia di estinzione.
Stambecco alpino
Lo stambecco è senza
dubbio una delle specie simbolo dell’arco alpino, testimonial di una
rinascita nello scorso secolo a partire da un’unica popolazione residua
che rimaneva nel 1920 all’interno del territorio del Parco Nazionale
Gran Paradiso. Grazie ad ingenti sforzi promossi negli ultimi 80 anni ha
riconquistato una parte del suo antico areale con nuove popolazioni che,
nella maggior parte dei casi, sono però tuttora ancora piccole e
sofferenti a causa di una bassissima variabilità genetica, e di una
particolare vulnerabilità della specie agli stress ambientali e di
natura antropica, il global warming sembra avere la capacità di
influire sulla mortalità dei piccoli di ungulati consentendoci di
affermare come questa specie sia tra quelle in crisi a causa dei
cambiamenti climatici. (circa 30.000 capi su tutto l’arco alpino, di cui
almeno un terzo in Italia).
Lupo
Ancora oggi il
bracconaggio rappresenta la prima minaccia per questa specie, un
accanimento verso questo animale perpetrato in risposta ai presunti
danni causati dal lupo al bestiame domestico che troppo spesso non è
seriamente gestito favorendo la sua potenziale predazione, da non
sottovalutare poi la perdita di identità genetica causata
dall'ibridazione con i cani randagi, problemi ai quali si accostano la
frammentazione e degrado dell'habitat che sta consumando gli ambienti
più adatti a questa specie. (Le ultime stime di densità parlano 500-800
individui)
Capriolo italico
Anche per questa specie
il bracconaggio continua a rappresentare una seria minaccia favorito
dalla frammentazione dei suoi territori, da strade montane che arrivano
fino nel cuore dei più importanti boschi per questa specie. Inoltre vi è
sempre più evidente la perdita della specificità genetica dovuta a
ibridazione con la sottospecie europea utilizzata in passato per i
programmi di reintroduzione scopo caccia. (meno di 10.000 individui)
Airone bianco maggiore
Questo grande e elegante
airone è una delle specie che ha mostrato segni di incremento più
significativi negli ultimi anni. Questa specie nidifica nei canneti e in
aree umidi con alberi e vegetazione acquatica; forma colonie anche
numerose per cui risulta fondamentale la tutela dei siti riproduttivi (garzaie).
La specie è in aumento in tutta Europa e in Italia si contano circa 40
coppie riproduttive. Molto più numeroso in inverno quando gli individui
europei raggiungono l’Italia per svernare.
Falco pellegrino
Una specie fortemente
minacciata fino a poche decine di anni fa, in particolar modo a causa
dell’uso di sostanze tossiche in agricoltura (DDT). Oggi il Falco
pellegrino ha aumentato considerevolmente sia il numero di coppie
nidificanti che il suo areale. In Italia si stimano infatti oltre 1300
coppie nidificanti. Ancora oggi purtroppo alcuni individui cadono
vittime del bracconaggio con arma da fuoco.
Cervo sardo
Agli inizi del secolo il
Cervo sardo era presente in Sardegna in tutti i massicci montuosi.
Cacciato fin quasi l’estinzione era ridotto a poche decine. La tutela,
il controllo del territorio e la nascita di alcune aree protette
fondamentali per questa specie, come la Riserva WWF di Monte Arcosu, ha
permesso alla specie di recuperare e oggi è tornato a colonizzare aree
da cui era scomparso e a superare i 2000 individui. La minaccia del
bracconaggio è sempre dietro l’angolo e nell’area WWF e nell’attigua
area della Forestale, centinaia di lacci d’acciaio vengono tolti ogni
anno.
Cerchiamo appassionati della natura e della biodiversità. Vieni con
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